Cambiare look, soprattutto per chi lavora a contatto con il pubblico o in un ambiente con un dress-code (anche implicito) seguito da tutti, non è una scelta da compiere a cuor leggero.
Dobbiamo renderci conto che tutto comunica. Persino l’aria comunica, per questo sta fiorendo il business dei diffusori di aromi e lo studio di essenze personalizzate.

Il primo assioma della comunicazione dice che è impossibile non comunicare. Infatti, è proprio così.

La scelta del nostro abbigliamento comunica, il nostro taglio di capelli comunica. Non è vero che l’abito non fa il monaco, ma è vero che senza abito non riconosci il monaco.

Uniformarci o uscire dallo schema?

Per definire il tuo abbigliamento devi prima di tutto capire chi sei, cosa vuoi comunicare di te, ipotizzare come i tuoi clienti o i tuoi colleghi ti vedranno e ti giudicheranno. Perché è sicuro che ti giudicheranno, anche se si dichiarano “open minded”. Soprattutto coloro che ti incontrano la prima volta, in quei primi trenta secondi così importanti per farsi un’opinione di te.

La strada più comoda è quella di uniformarci al nostro contesto lavorativo e sociale, anche se non sempre è la strada più efficace, in quanto dovremo impiegare molte più energie per far emergere chi siamo.
E poi, sinceramente, che effetto vi fa incontrare il tale che al lavoro è sempre “in tiro”, mentre passeggia sbracato all’ipermercato indossando la tuta e la felpa oversize? Qual è la versione più autentica di quella persona?

Uniformarsi significa, per l’appunto, indossare un’uniforme. Molti non hanno scelta, pensiamo al personale infermieristico, alle forze dell’ordine, ai camerieri, alla forza vendita di certe compagnie, ai militari…

Altri, invece, possono scegliere di uscire dallo schema più comune scegliendo un look diverso ma, per questo, più impegnativo da sostenere, soprattutto dopo i 40 anni.

Ma perché farlo? Perché impegnarsi a scegliere un look diverso? Se lo facciamo solo per essere controcorrente o per gridare il nostro disprezzo per le convenzioni, gli altri lo capiranno e non è detto che ciò sia un bene per le nostre relazioni.

Anche nella scelta del nostro look è opportuno essere onesti, trasparenti, coerenti. Ma sempre con buon gusto.

Nella vita di ogni giorno, soprattutto in quella lavorativa, evitiamo le prove di forza post-punk o le provocazioni di cattivo gusto, se non vogliamo compromettere la nostra credibilità.
Insomma, cerchiamo di non essere invitati a partecipare alla trasmissione televisiva “Ma come ti vesti?”.

Meglio è se adottiamo un nostro codice estetico con onestà e pulizia, con l’intento di trasmettere la nostra identità e, naturalmente, valorizzare i nostri punti di forza a livello estetico.

Un nostro look va scelto accuratamente, anche con l’aiuto di qualcuno che non abbia timore a dirci le cose come stanno veramente. Un look personale è uno strumento di trasparenza ed è testimonianza di coerenza, perché ci permette di raccontare chi siamo davvero. Essere a nostro agio renderà il nostro aspetto armonico con il nostro modo di muoverci e di agire. E può aggiungere valore alla nostra relazione.

Di fatto, il processo che ci porta a definire o cambiare il nostro look è uno studio sulla comunicazione personale che, però, va sempre preceduto da un approfondito lavoro sulla consapevolezza della nostra identità più autentica.

Massimo Max Calvi, giornalista, coach e consulente
massimocalvi.it