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Sul web pubblicare senza pensare è come tirare un boomerang controvento
9 Febbraio 2025

Tempo di lettura: 3 minuti

Ogni giorno gli eventi raccontati nelle cronache ci invitano a riflettere attentamente sulle impronte digitali che lasciamo su internet. Dovremmo dare priorità a questa riflessione piuttosto che alla fretta di postare indiscriminatamente contenuti online. La Rete non dimentica mai nulla.

Un bell’esempio, in questo senso, è quello della signora che durante la partita del campionato di pallacanestro femminile Under 19 tra Happy Basket Rimini e Nuova Virtus Cesena fa partire una diretta social e, nel frattempo, si lancia in epiteti razzisti nei confronti di una giocatrice della squadra avversaria di quella in cui gioca la figlia. Una volta che le hanno fatto notare la poca creanza di quello che ha fatto lei ha tentato in tutte le maniere di eliminare dalla rete il video ma non c’è stato nulla da fare. Ovviamente era una diretta, ovviamente erano diverse le persone che la seguivano, ovviamente il video era già stato preso, tagliato, condiviso e visto da chiunque potesse essere interessato alla cosa. E pure da chi della cosa non interessava nulla ma “passava di lì”.
Traccia lasciata, condanna (social) assicurata.

Un’altra storia, dai tratti meno immediati ma altrettanto pedagogica, è quella dell’attrice spagnola Karla Sofìa Gascón, nata Carlos Gascón, che nel 2020 si lasciò andare su Twitter-non-ancora-X ad affermazioni inequivocabili sull’Islam e gli afroamericani. Fra le varie frasi riportate da Variety, che ha lavorato di fino in vista degli Oscar: 

“Nuovo attentato in Francia da parte di uno di questi ritardati seguaci di Allah. Quante volte dovremo espellere dall’Europa questi energumeni prima di renderci conto che la loro religione è incompatibile con i valori occidentali?”
e ancora:
“Gli Oscar sembrano sempre più una cerimonia per film indipendenti e di protesta. Non capivo se stavo guardando un festival afro-coreano, una manifestazione di Black Lives Matter o per l’8 marzo. A parte questo, una brutta, brutta cerimonia”. (le frasi sono copia-e-incollate e non riportano in nessun modo il pensiero di chi scrive, ndr).

Da qui alla sollevazione di popolo, con relativa esclusione dalla corsa alla statuetta come migliore attrice, è stato un attimo; anche se è passato un lustro da quei tweet, magari dettati dal periodo storico non proprio all’acqua di rose. 

In ogni caso Gascón ha poi tentato di rimediare con la seguente dichiarazione ecumenica: “Come persona appartenente a una comunità emarginata, conosco fin troppo bene questa sofferenza e sono profondamente dispiaciuta per coloro a cui ho arrecato dolore. Per tutta la vita ho lottato per un mondo migliore. Credo che la luce trionferà sempre sull’oscurità”.
Sarà anche vero, ma il danno ormai è fatto, perché il web e Variety hanno la memoria di un elefante.
Che poi non è sempre e solo colpa di quello che ci scappa dalle dita, in un momento di sconforto o di protesta.

Come il caso di Jacopo Lanza, che nel 2007 a quindici anni scende in piazza con una bandiera del PCI e viene fotografato da Giovanni Dall’Orto, scrittore e attivista che, dopo la manifestazione, carica la galleria su Wikimedia, il grande archivio multimediale di Wikipedia. L’immagine di quel giovane studente diventa, in un attimo, un meme trasformandolo nel “ragazzo comunista” di cui tutti possono ridacchiare. O la cui immagine tutti possono prendere per aumentare ancora di più il sovraccarico di significati che gravano come una “millefoglie” sulla sua presenza nel web. 

Alessandro Boriani

 

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