blue whaleIl terrore sparso di recente da “Blue whale”, sorta di caccia al tesoro per adolescenti in cui al termine, dopo una serie di prove autolesioniste, è previsto di buttarsi dal palazzo più alto della propria città, è solo l’ultima fase di una presa di coscienza collettiva dei pericoli di Internet. Almeno fino alla prossima nuova ondata. Una vicenda che trova il suo paragone più calzante nella storia di Cappuccetto Rosso.

La nostra protagonista, mandata nel bosco da sola (con la promessa di non fermarsi a parlare con gli sconosciuti), essendo una bimbetta curiosa, non appena viene interpellata, si ferma a parlare con il lupo cattivo. I due fanno una scommessa, Cappuccetto Rosso da una parte, il lupo da quell’altra: vediamo chi arriva prima a casa della nonna.

Il contesto “Blue Whale” è molto simile: abbiamo un certo numero di adolescenti (Cappuccetto Rosso) che, essendo curiosi, non appena scoprono che c’è qualcosa di nuovo all’orizzonte, all’interno di un bosco (Internet) che ormai conoscono come le loro tasche e non li stimola più, si fermano a dare un’occhiata e partecipano alla discussione (Lupo Cattivo: a volte si, altre volte no). E poi si parte con la scommessa: una volta può essere un po’ di “sexting”, per nulla innocuo e anticamera di ogni genere di bullismo; una volta può essere il nuovo video di Rovazzi su youtube; una volta, ahinoi, è una sfida ai propri limiti, alla propria coscienza: sei pronto a metterti alla prova fino a tentare il suicidio?

In entrambe le situazioni, la fiaba e la realtà, manca una cosa fondamentale: la mappa per addentrarsi nel bosco senza problemi. Se la mamma di Cappuccetto Rosso avesse dato a sua figlia una bella carta topografica, su cui fossero stati disegnati i sentieri, difficilmente la bimba si sarebbe fatta convincere dal Lupo a prendere la scorciatoia. Noi ci saremmo divertiti decisamente meno, il mondo non avrebbe goduto di una metafora così ficcante e decisiva ma i protagonisti si sarebbero evitati un bel po’ di guai (lupo incluso, che termina con la pancia piena di mattoni). Blue Whale è l’ennesimo Lupo Cattivo in un bosco di cui i nostri figli non hanno la mappa. Un bosco a cui li abituiamo fin da piccoli, lasciandoli da soli a trafficare in rete per ore. Facciamo pure esempi: al ristorante, con tablet e smartphone davanti al naso, così non rompono le scatole agli adulti che vogliono parlare fra di loro; a scuola, vuoi non dare a tua figlia il telefono, che non si sa mai che pericoli possa correre attraversando il corridoio per andare in classe?; a sera, stanchi, è preferibile isolare il figlio nel mondo luminoso di youtube, così che non faccia troppe storie e ci lasci guardare il tg in santa pace.

I ragazzini crescono con la convinzione che la voce adulta, quella che dà le indicazioni su come muoversi nel mondo, la mappa del bosco, sia proprio internet. Cioè: il bosco spiega come muoversi al proprio interno. Ma si sa, come in Cappuccetto Rosso, nel bosco è facile incontrare il Lupo Cattivo, che invece di darti la mappa giusta ti invita a prendere la scorciatoia, per arrivare prima alla casa della nonna.

Sono, da sempre, un fiero sostenitore dell’idea che i bambini debbano poter maneggiare la tecnologia fin da piccoli. Ne faccio un punto fermo dell’educazione di mia figlia. Alla quale, però, cerco tutte le volte di indicare la strada giusta nel caos: le limito l’uso della rete (tutti gli aggeggi tecnologici hanno un parental control), le concedo un tempo di giochi, le do il mio tempo quando occorre per farle capire come funzionano le cose, la tengo fuori dal bosco finché non è necessario che ci entri. E non è questione di essere “genitori modello gnegnegne”. È questione di evitare, in seguito, sgradite sorprese. A tutti. Oggi il bosco è enorme, infinito e parla un sacco di lingue differenti. Disegnare la mappa del bosco è diventata un’operazione urgente e imprescindibile: una cosa che non si può non fare, a costo di perderci tutto il tempo di questo mondo. È difficile, perché impiega tempo, energie e formazione. Ma credo sia molto peggio scoprire che il pargolo è finito nella pancia del Lupo Cattivo: il cacciatore passa per caso solo nelle fiabe.

Alessandro Boriani